“Abbiamo fatto un viaggio nelle Marche e ci siamo perdutamente innamorati del vino di visciole. E così abbiamo scoperto di essere diventati ambasciatori di cultura “eno-esotica” presso amici e parenti”.
Ecco. Se l’avete assaggiato, ora sarete sicuramente anche voi “visciola addicted”, e avrete anche appurato che i vostri amici provano puntualmente a rilanciare: “ho assaggiato anche io qualcosa del genere… Ricordo che assaggiai uno cherry…”, “io, invece, ho apprezzato il ratafià…”.
Ma proprio questo è il punto. Non esiste un altro prodotto così pieno di fascino e di “orgoglio territoriale”, tanto che sono nate feste popolari innaffiate di questo vino. Anzi di questa “bevanda aromatizzata a base di vino e di visciole”. Perché è la dicitura giusta di legge.
Fino a pochi anni fa infatti il vino di visciole era un “vino clandestino”, fatto in casa; preparato facendo fermentare le visciole con lo zucchero, negli orci, fuori dai portici delle case coloniche in collina. E lo si poteva assaggiare soltanto se invitati dal produttore familiare. Un vero e proprio argomento di discussione che tocca nell’intimo chi lo produce e chi lo regala. Il suo segreto, dunque, è quello di essere un vino “unico”, perché ogni famiglia ha la sua ricetta. E va avanti così già da prima dell’unità d’Italia.
Cos’è il vino di visciole?
Le visciole sono le ciliegie selvatiche. E nelle Marche sono coltivate negli angoli più belli della campagna di collina. Nell’orto, lungo le siepi, tra i sentieri sterrati che portano alle case rurali, o solitari, in mezzo a coltivazioni di grano. Il vino di visciola si fa risalire alla tradizione contadina marchigiana che fin dal Medioevo usava produrre vini aromatizzati, come pure si può risalire agli esperimenti enologici delle cantine monastiche o dei grandi proprietari fondiari dello stesso periodo.
La Visciola, è un delle più antiche varietà di ciliegia selvatica. Il suo vero nome è “Prunus cerasus”, ed è il sinonimo di amarena, o delle “ciregie amarine” come vengono chiamate in Toscana, o “marasche” al nord.
Noi ci siamo talmente innamorati di questo frutto che qualche anno fa abbiamo piantato un viscioleto. Centocinquanta piante che ci consentono di poter contare su una materia prima freschissima e di assoluta qualità.
Il nostro vino di visciole si chiama Vio! (E lo facciamo così)
Per diversi anni abbiamo fatto prove e oggi lo facciamo così. Come vino da aggiungere alle visciole abbiamo scelto di utilizziamo il Lacrima; un vino profumato che noi stessi produciamo nell’area della Doc. Abbiamo scelto il Lacrima di Morro d’Alba perché ha profumi molto affini al frutto. Un’esaltazione reciproca, dunque.
Noi utilizziamo soltanto il frutto fresco. A giugno la raccolta avviene solo con le visciole mature. Trattiamo le visciole come se fosse uva, per cui la raccolta è manuale, la pigiatura soffice, dopodiché, in parte le misceliamo, lasciando rifermentare il tutto. Il periodo di macerazione della visciola con il vino, di solito varia in un periodo tra 15 e 20 giorni a temperatura controllata. Durante la lavorazione, infatti, è molto importante lavorare a bassa temperatura, per estrarre al meglio tutti gli aromi.
Il risultato è un vino molto aromatico, fine e complesso: aromi di ciliegia, di amarena e di viole, ma anche di frutti rossi, con una grande intensità al palato. La visciola ha una buona acidità che dona freschezza e rende il vino molto piacevole anche in estate. La gradazione alcolica sui 10 gradi. Provatelo con la pasticceria secca, i dolci della tradizione, o addirittura utilizzatelo come base per i cocktail rinfrescanti. Gli abbinamenti possono essere anche inaspettati: i formaggi, (da provare con il gorgonzola!), il fois grais e i salumi.
Vino e visciole diventa cocktail “glocal”
Il vino e visciole sta prendendo campo anche attraverso modi di consumo contemporanei nel mondo della “mixology”.
Gino Cremonini è un barman d’esperienza e ha sperimentato il “vino e visciole” nei cocktails. Barman dell’AIBES (Associazione Italiana Barman e Sostenitori), nonché sommelier dell’A.I.S. (Associazione Italiana Sommelier) dal 2013 Cremonini gestisce “Rambaldus”, un cocktail bar di Jesi (AN), porta d’ingresso dell’avveniristico Museo dedicato a Federico II di Svevia. Proprio nella città che diede i natali all’imperatore “Stupor Mundi”, dove i flussi turistici internazionali sono attratti dal vino e dalle prelibatezze regionali, Gino Cremonini ha ideato una serie di cocktails per valorizzare i prodotti locali. Le sue armi sono gli sciroppi di frutta “home made”, che utilizza per celebrare gli aromi stagionali, donando ricchezza di profumi e sapori persistenti.
Uno di questi cocktails è l’originale “Campari shakerato al Vino e Visciole”, di cui vi sveliamo ingredienti e ricetta; da servire in coppa Martini, meglio se guarnito dal frutto delle visciole fresche o dalla più classica ciliegina.
“Campari shakerato al Vino e Visciole” , cocktail ideato dal bartender Gino Cremonini
Ingredienti: 4 cl. di vino di visciola “Vio” Mazzola, 2 cl. di Bitter Campari, 2 cl. di gin, 0,5 cl. di Maraschino, 1 cl. di succo di lime fresco.